K.O.

 

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⦁    Finalista - Premio Letterario "Giacomo Zanella" - 2025 - Monticello Conte Otto (VI)

 

K.O.


Maci stava pensando di abbandonare la boxe. La sua carriera agonistica era in declino e le nuove leve cominciavano a metterlo in difficoltà. Nel corso di un allenamento, un ragazzo che frequentava la palestra da pochi mesi gli sferrò un diretto in pieno volto e lo mandò a terra.
- Maci, stai bene? - gli chiesero tutti.
Lo consideravano come un fratello maggiore e gli si strinsero attorno nel vederlo incosciente. Maci riaprì gli occhi. Si stupì di aver subito un colpo del genere da un principiante ma si rialzò sereno. Tornò a casa e si mise tranquillo a guardare la tv.

 


- Ciao, amore! - gli disse una ragazza bionda entrando in casa sua.
Posò le sue cose accanto alla porta e chiese:
- Come va?
Si tolse la giacca con aria trafelata. Maci non aveva idea di chi fosse. Pensò che una vicina di casa avesse sbagliato appartamento tuttavia era sicuro di aver chiuso la porta a chiave.
- Scusa, che fai!?
- Come sarebbe a dire? - rispose la ragazza con aria infastidita. - Ho fretta. Devo andare a prendere i bambini!
Si cambiò le scarpe senza dare a Maci la minima attenzione.
- Quante volte te lo devo dire di non lasciare in giro la tua roba? - aggiunse, portando la borsa da palestra nel bagno.

Maci notò di indossare la fede. Ripensò al colpo subito durante l'allenamento e ipotizzò di aver perso la memoria. Non era nuovo a episodi di amnesia e stava pensando di rinunciare alla boxe anche per questo motivo. Non disse nulla per evitare allarmarla e si sentì colpevole di non essersi preso cura della sua salute.
- A che ora torni? - chiese.
- Alle otto siamo qui. Cosa ci prepari per cena?
- Quello che volete.
- Decidi tu. Basta che non siano le tue solite ricette iperproteiche...
La ragazza bionda gli stampò un bacio sulle labbra e se ne andò.

Maci trovò in camera sua un letto matrimoniale di cui non aveva nessun ricordo, una sedia colma di vestiti femminili e un comodino ricoperto di trucchi e rossetti. Si soffermò a guardare una foto incorniciata dove si trovava in gita Venezia con lei. Avevano in braccio un bimbo ciascuno,  uno sui quattro anni e un altro poco più che neonato. Sembravano felici.
Il bagno straripava di pannolini, cerate, borotalco e creme per la pelle arrossata. La stanza dove prima si allenava con i pesi era trasformata. Al posto del tapis roulant c'era una culla, al posto del punching bag c'era un lampadario con tante farfalle colorate. La panca piana, dove per anni aveva allenato i suoi forti muscoli pettorali, era stata sostituita da un lettuccio morbido e accogliente.

Mise da parte lo scalda-biberon dal ripiano della cucina e accese il forno. Di colpo si rese conto di non ricordare come regolare la temperatura e per nessun motivo al mondo gli venne in mente di ruotare la manopola con i numeri da sessanta a cento-ottanta gradi. Accusò una forte emicrania e aprì l'armadietto dei medicinali. Nessuno di quegli strani nomi tipo paracetamolo, ibuprofene e diclofenac gli dissero nulla.
- Ho bisogno di un medico - pensò,  prima di cadere a terra privo di sensi.

Una manina delicata gli tastò la faccia.
- Papà? - disse una voce di fanciullo. - Svegliati, papá!
Maci intravide il volto di un bambino a pochi centimetri dal suo, con il naso impiastricciato di muco e una strana frangetta, come quando la mamma ti taglia i capelli in casa perché non ha tempo di portarti dal barbiere.
- Oh, mio Dio! Maci, stai bene!? - gridò la ragazza bionda, con il neonato in braccio.
- Cos'è successo, amore mio!?
Lo accarezzò e chiamò un'ambulanza. Nella confusa testa di Maci lampeggiarono immagini di una vita che gli stava fuggendo via: feste di compleanno, primi giorni di asilo, litigate, giri in bicicletta, notti insonni...

Si risvegliò disteso sul ring. Il suo allenatore gli teneva la testa e lo schiaffeggiò per farlo rinvenire.
- Maci? Maci, mi senti?
- Sto bene... Dov'è mia moglie?
Il suo allenatore sgranò gli occhi, felice di sentirlo parlare ma perplesso dalle sue parole.
- Da quando saresti sposato? Mi sono perso qualcosa?
- Dove sono mia moglie e i bambini!?
- Cerca di non agitarti. Ti porto a fare una visita.

***



Il caso clinico di Maci venne definito singolare. Durante i pochi secondi di incoscienza, il suo cervello aveva fabbricato una vita intera. Tutto ciò che aveva vissuto in quel brevissimo spazio di tempo non era mai esistito ed era stato generato dalla sua mente.
Non era mai stato sposato ne aveva avuto figli. Nel suo appartamento non c'era traccia del letto matrimoniale, della stanza dei bambini e dello scalda-biberon. Tuttavia per Maci era tutto vero, indistinguibile dalla realtà è dai suoi ricordi antecedenti il K.O..
Medici, amici e familiari impiegarono giorni per convincerlo ma alla fine accettò la sua situazione. Ebbe bisogno di mesi per elaborare il lutto scaturito dalla perdita della sua famiglia immaginaria e, lontano dalla boxe e dai riflettori, ricostruì un po' alla volta la sua identità.

Lasciò che la sua vita andasse avanti senza forzare nulla né cercare un percorso specifico, tuttavia qualche anno più tardi andò in gita a Venezia. Era in compagnia di una ragazza bionda che voleva fare la parrucchiera e avevano due bambini, uno sui quattro anni e uno poco più che neonato. Sembravano felici.

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