La barba invisibile

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⦁    4° classificato - Premio letterario internazionale Città di Pomezia 2024 - Pomezia (RM)

 

⦁    2° classificato - Concorso letterario "Scarpette rosse - Joyce Lussu" 2024 - Agugliano (AN)



LA BARBA INVISIBILE


Matilde aveva tredici anni, un paio di guanciotte dolci e la voce nasale. Una mattina le spuntò un pelo nero sul collo, prese una pinzetta e lo estirpò senza pensarci. Dopo alcuni giorni tuttavia ne spuntarono altri, neri e arricciati, su entrambi i lati del mento. Inorridì e corse da sua madre.
- È ormonale - disse il medico che la visitò. - Dovrebbero andarsene con il termine dello sviluppo. Nel frattempo rivolgetevi a un centro estetico.
Matilde si coprì il volto e abbandonò lo studio sentendosi un fenomeno da baraccone. Sua madre la consolò e l'accompagnò a farsi la ceretta.

Matilde iniziò a prendersi cura del proprio viso con estrema attenzione. Ogni sera e mattina si controllava allo specchio alla ricerca di peletti in eccesso. Talvolta se ne occupava da sola, altre volte saltava la scuola e andava subito a farseli togliere. Faceva del suo meglio ma crescevano rapidamente, tanto che un giorno la sua compagna di banco li notò. Era una ragazza sensibile per cui non fece troppo chiasso, tuttavia il suo piccolo e inconfessabile problema divenne in breve tempo noto a tutti.

Un giorno approfittò della lezione d'informatica per dare un'occhiata al suo profilo social, tuttavia al suono della campanella dimenticò di chiudere l'applicazione. Tornò a casa tranquilla ma, non appena riaccese il telefonino, venne subissata di notifiche. "Che succede???" chiese la sua migliore amica. "Controlla il tuo profilo!" scrisse suo cugino. "Stai bene, cara?" chiese sua zia. Matilde aprì il suo profilo e trovò, al posto della sua foto, il ritratto patinato di una fiabesca donna barbuta.
 

Si ricordò di non aver chiuso l'applicazione sul computer della scuola e le crollò il mondo addosso. Le era capitato di sentire bisbigliare nomignoli alle sue spalle, tuttavia l'impatto visivo con quell'immagine la ferì assai più duramente. Si mise a piangere ed eliminò il suo profilo. Ricevette messaggi e telefonate da chi le voleva bene, ma si stancò presto di rispondere. Decine, forse centinaia di persone, avevano visualizzato, riso e condiviso.
La scuola organizzò una serie di incontri educativi sull'uso dei social, sul rispetto della privacy e sul bullismo. Tuttavia nessuno confessò, né fu in grado di segnalare chi avesse manomesso il suo profilo. Matilde non riuscì ad affrontare la situazione e si chiuse in casa.


***


Chicco, un ragazzino che frequentava la stessa scuola, si svegliò una notte infastidito da uno strano malessere. Il volto gli prudeva e non riusciva a smettere di strusciarsi contro il cuscino. Si guardò allo specchio del bagno e notò che sul mento e sopra il labbro superiore gli fosse cresciuta una leggera peluria.

Tornò a letto senza riuscire a prendere sonno. Si accarezzò il viso e gli sembrò che i peli fossero già più fitti.
- Mamma! - gridò correndo dai suoi genitori. - Che cos'è questa roba!?
- Non vedo niente, tesoro. Cosa c'è che non va?
- Ma come? Non vedi? Mi sta crescendo la barba!
- Ti sbagli, tesoro. Mettiti a letto, tra poco devi andare a scuola.
Sua madre si girò dall'altra parte e Chicco tornò in camera sua.

Fissò il soffitto con la luce accesa, mentre la peluria si diffuse anche sul collo e ai lati del viso.
- Che succede? - piagnucolò fra sé e sé.
I peli gli ricoprirono anche le guance, facendosi spessi e ispidi.
- Aiuto! - gridò terrorizzato.
- Mettiti a dormire, Chicco! Sei grande per queste scenate! - rispose suo padre dall'altra stanza.

Corse in bagno e si guardò allo specchio, ormai completamente barbuto. I suoi lineamenti erano rimasti quelli di un ragazzino eppure la barba gli era arrivata al petto, folta e tenace come quella di un uomo primitivo. Vi affondò le mani e la tirò fin quasi a strapparla.
- Vi prego, venite qui! Ho bisogno di aiuto!
- Si può sapere perchè fai tanto chiasso? - gli chiese sua madre.
Chicco scoppiò in lacrime e si gettò fra le sue braccia.
- Non fare così, Chicchino mio. Avrai fatto un brutto sogno...
- Ma non lo vedi che mi è cresciuta la barba!?
Sua madre lo guardò con occhi amorevoli e disse:
- Che cosa dici, tesoro? Sei il mio bellissimo bambino!
Chicco ricontrollò la sua immagine allo specchio ma di nuovo si vide trasformato in un grottesco ragazzino barbuto. Suo padre e sua sorella invece lo guardarono dal corridoio per nulla impressionati.
- Davvero mi vedete come prima? - balbettò Chicco.
- Certo! - rispose suo padre.
- Sei il solito rompiscatole... - aggiunse sua sorella.
Chicco si accarezzò ancora una volta la barba, senza spiegarsi come mai nessuno la vedesse. Si scusò e tornò ciondoloni in camera sua.

Di buon mattino inforcò la bicicletta e si fermò dal fornaio. Si vide barbuto anche sulla vetrina, eppure nessuno fece il minimo commento sul suo aspetto. Anche a scuola i suoi compagni lo salutarono come se nulla fosse, così si rassegnò all'idea di essere l'unico in grado di vederla. Prese posto sulla sua seggiola e seguì mogio mogio la lezione. Non era un bravo studente ma si sforzò di prendere appunti e di rimanere attento. Del resto il suo amico Spillo, il ragazzo più chiassoso della classe, era assente.
Si sentì solo e incompreso. Benché sicuro che nessuno lo vedesse cambiato, non riuscì a scrollarsi di dosso la sensazione di essere diventato ripugnante.
- Che cosa mai avrò fatto per meritarmi questo? - si chiese.
A poco servirono le chiacchiere scambiate durante l'intervallo. A poco servì una partitella a calcio pomeridiana. Pensò di rivolgersi al suo medico ma fu sopraffatto dalla vergogna.

Il giorno successivo s'infilò in aula taciturno. La barba era ancora lì, talmente lunga da lambire il banco, e Chicco non sapeva da che parte voltarsi. Qualche minuto più tardi, il bidello si affacciò per annunciare l'arrivo di un ritardatario. Chicco intravide  la madre del suo amico Spillo e la sentì bisbigliare:
- Avanti! Non fare capricci e smettila con questa storia!
Spillo entrò in classe a testa bassa a sua volta barbuto. Consegnò il libretto delle giustificazioni alla professoressa e andò a sedersi accanto a Chicco. Si guardarono in faccia esterrefatti, vedendosi barbuti nonostante l'indifferenza di tutti.
- Che cosa succede, Spillo? - chiese Chicco a mezza voce.
- Non lo so, amico mio. Puoi venire da me oggi pomeriggio?
- Certo!

Spillo appoggiò uno specchietto sulla sua scrivania e si accorciò la barba con un paio di forbici. Lunghe ciocche caddero ai suoi piedi, regalandogli un senso di liberazione.
- Sembra che funzioni - disse.
Chicco, più riflessivo, commentò:
- Ha l'aria di essere una punizione. Qualcosa che ha a che fare con noi due soltanto. Altrimenti non si spiegherebbe come mai gli altri non la vedono.
- Chi se ne frega! Questa barba si taglia che è un piacere!
Con freddezza e precisione, Spillo completò la rasatura con un rasoio elettrico ed esclamò soddisfatto:
- Come nuovo! Vuoi farlo anche tu?
- Sicuro!

Spillo iniziò a spuntargli la barba con destrezza e precisione. Chicco invece guardò una foto appesa alla parete che ritraeva loro due bambini in divisa da lupetti.
- Hai saputo di Matilde? - chiese.
- E chi sarebbe?
- La ragazza dell'altra sezione. La donna barbuta... Pensi che dovremmo chiederle scusa?
Chicco fece una smorfia di stizza e sbottò:
- Non riesco a tagliarla bene se ti muovi in continuazione!
- Sembra che non tornerà più - continuò Chicco. - Ci è rimasta molto male e ha deciso di cambiare scuola. Forse dovremmo scusarci per lo scherzo della foto.
Spillo posò le forbici e puntò il dito in faccia a Chicco.
- Non diremo niente, capito!? E' una storia morta e sepolta!
- Ma non ti senti in colpa?
- E' stato solo uno scherzo. Bastava riderci su, invece ha voluto farne una tragedia.
- A noi prima o poi la barba crescerà, ma per una ragazza è diverso. Mettiti nei suoi panni. Dev'essere stato terribile!
- Non ho nessuna intenzione di beccarmi una sospensione. L'argomento è chiuso! - rispose Chicco. - Adesso taci e lasciami finire.

Chicco s'incamminò verso casa. Si scattò una foto e si specchiò ovunque ne ebbe la possibilità. Il suo viso era tornato glabro. La sua pelle era di nuovo liscia e setosa, come si confaceva a un ragazzino della sua età. 

Si sentì meglio tuttavia qualcosa dentro di sé lo mise a disagio. Non riuscì a sottrarsi al senso di colpa nei confronti di Matilde e trovò sbagliato l'atteggiamento del suo amico Spillo. Non appena fece rientro a casa avvertì uno strano prurito al volto. Si chiuse in bagno e assisté inerme alla rapida ricrescita della barba.

Passò la notte in bianco e tornò a scuola con la ferma intenzione di convincere Spillo a scusarsi con Matilde.
- Andremo da lei e le chiederemo scusa. È la cosa giusta da fare. È così che si comportano le persone per bene! - pensò.
Non appena incontrò Spillo, notò tuttavia che a lui la barba non fosse ricresciuta. Spillo ricambiò lo sguardo ugualmente sorpreso.
- Com'è possibile, Chicco? L'avevamo tagliata!  
- È ricresciuta quando sono tornato a casa. Ho ripensato a Matilde e non riesco a mettermi il cuore in pace!
- Dai retta a me. Smettila di  pensarci e vedrai che se ne andrà.
Per un attimo Chicco invidiò il suo modo di fare e disse:
- Dici che dovrei dimenticare?
- Sicuro, amico mio! Io non mi faccio problemi per quella smorfiosa - rispose Spillo accarezzandosi il mento imberbe.
- Non ce la faccio. Penso che l'abbiamo fatta soffrire e che sia nostro dovere cercare di rimediare.
- Rimediare a cosa!?
- Oggi dopo la scuola andrò da lei.
- Se fai il mio nome, te la farò pagare cara!
Chicco si voltò dall'altra parte ed entrò in aula.

Chicco ignorò i messaggi minacciosi di Spillo e nel pomeriggio si recò sotto casa di Matilde. Era un condominio non molto alto, circondato da alberi dal tronco grosso e nodoso. Respirò a fondo e suonò al citofono.
- Sono un compagno di scuola di Matilde. Posso parlarle?
Il cancelletto fece un clic. Chicco entrò nel giardino e si guardò in giro impacciato. Matilde si affacciò da una finestra al primo piano.
- Ciao! - disse Chicco. - Ci conosciamo di vista. Sono nell'altra sezione.
- Sì, ho capito chi sei. Come stai?
- Così così... E tu?
Matilde fece spallucce, ben sapendo che tutti a scuola fossero al corrente dei suoi problemi.

Chicco incrociò le braccia e la guardò con la coda dell'occhio.
- Sono venuto a dirti una cosa. Un po' mi vergogno ma volevo chiederti scusa -  disse. - Siamo stati io e un mio amico a cambiare la tua foto.
Una ciocca di barba si staccò dal suo viso.
- Abbiamo trovato il tuo profilo aperto sul computer. L'aula era vuota e volevamo solo farti uno scherzo... Mi dispiace, è stato un brutto gesto da parte nostra.
Un'altra ciocca cadde a terra e Chicco trovò il coraggio di alzare lo sguardo.
- Ti chiedo scusa. Davvero! Vorrei tanto non averlo fatto!
Matilde si asciugò gli occhi. Suo padre sopraggiunse alle sue spalle e la abbracciò.
- Matilde non ha voglia di parlare adesso. Come mai sei venuto solo tu? - chiese suo padre.
- Il mio amico ha paura di essere sospeso. Ha cercato di convincermi a non dire niente. Volete sapere chi è?
Matilde sussurrò qualcosa all'orecchio di suo padre.
- Matilde sarà lieta di ascoltare le sue scuse, se troverà il coraggio di farlo - disse suo padre. - Apprezzo il tuo gesto, figliolo. Rispetto la decisione di mia figlia ma ti confesso che non ve l'avrei fatta passare liscia!
- Va bene così, papà - intervenne Matilde.
Si voltò verso Chicco e aggiunse:
- Accetto le tue scuse.
- Grazie! Tornerai a scuola?
- Non lo so. Ancora non me la sento.
- Torna quando vuoi. So che tutti sentono la tua mancanza!  
Un paio di vicini curiosi si affacciarono e Chicco arrossì.
- Grazie di essere passato - disse Matilde.
- Grazie a te!

Chicco pedalò sereno verso casa, perdendo per strada il resto della barba. Una brezza leggera gli rinfrescò le guance. L'amicizia fra lui e Spillo si raffreddò, mentre Matilde riprese a frequentare la scuola.

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